Santa Giulia

«Il ricordo di Santa Giulia, la venerazione per lei al di là dell’ambito livornese, sono solidamente attestati da sicura documentazione. Non altrettanto si può dire del corso della sua vita, degli episodi che si narrano del suo martirio» (+Emilio Guano). Nell’Encielopedia Cattolica si legge nel titolo: «Giulia, santa, martire. É commemorata nel Martirologio Gerominiano come martire della Corsica, ma è dubbio che si tratti di una martire locale, o invece di martire africana perita durante la persecuzione di Decio, e le cui reliquie furono trasferite in Corsica. Una tarda Passio, molto leggendaria, scritta verso il secolo Vll la ritiene oriunda di Cartagine … catturata e venduta come schiava … e nell’isola Capo Corso (Corsica) … flagellata e crocifissa».
Alle notizie della Passio, comunemente tramandate, documenti attendibili ci inducono a preferire la versione che Giulia, cartaginese, fu vittima della persecuzione di Decio; subi il supplizio della croce a Cartagine e le sue reliquie giunsero in Corsica in epoca posteriore.
La storia conferma che l’imperatore Decio, abolendo le norme meno rigorose di Traiano in favore dei cristiani, riaccese una crudele persecuzione con un editto emanato nell’anno 250. Molte, e soprattutto in Africa, furono le vittime. S. Cipriano, vescovo di Cartagine, ricordando questa persecuzione, di cui fu spettatore, dice che il sangue dei martiri fluiva a torrenti.
Tra i martiri che testimoniarono il loro amore e la loro adesione a Cristo Signore con coraggiosa professione di fede, trascrive anche il nome di Giulia. In un sermone riportato dal suo discepolo e biografo Possidio nell’Indicus scriptorum Augustini, l’illustre Vescovo d’Ippona attesta che a Cartagine, nella basilica di Fausto, erano venerate le reliquie della martire Giulia, insieme a quelle dei martiri Florenzio, Gennaro, Giusta e Catulino.
Quanto al supplizio della crocifissione, inflitto alla nostra Santa e riferito dalla «Passio», nulla osta il ritenerlo come originaria e vera redazione del suo martirio, perché gli storici concordano nell’affermare che questa era praticata assai comunemente dai cartaginesi per punire i propri cittadini e gli stranieri, colpevoli di grave reato. Quando i Vandali, nel 439, invasero l’Africa, perseguitarono la Chiesa e distrussero Cartagine, i cristiani fuggiaschi in cerca di salvezza nelle isole del Tirreno, portarono con sè le reliquie della martire, insieme ad altre, per proteggerle dalla profanazione. Le reliquie di S. Giulia giunsero e rimasero venerate per tre secoli prima in Corsica e poi in Gorgona. Nel 763 approdarono al Sinus Pisano, quella zona nella quale sorse la Livurna medioevale e nel secolo XVI, l’attuale Livorno medicea. Da qui, per via terra, giunsero al monastero di San Salvatore in Brescia, per il quale Desiderio, re dei Longobardi e già duca di Lucca, le aveva richieste e ottenute.
Il passaggio delle reliquie dal nostro territorio suscitò emozione e devozione; e in suo onore sorsero chiese ed altari, opere benefiche e di culto, tra le quali l’Arciconfraternita che porta il suo nome, ed anche istituti di educazione e opere d’arte e di cultura. Nel 1410, all’antica Pieve di S. Maria di Livorno fu aggiunto anche il nome di S. Giulia, ormai venerata come patrona del luogo, e nel 1835 confermata patrona della città e della diocesi da Papa Gregorio XVI.
Elevata a città, il Vescovo di Brescia, con atto fraterno e generoso, donò a Livorno una parte delle reliquie di S. Giulia, che, ora racchiuse in un prezioso e simbolico reliquiario d’argento, sono custodite nella chiesa a lei intitolata.